lunedì 11 dicembre 2017

Gita in Friuli : Villa Job

ALESSANDRO “Ho 34 anni e ho deciso di produrre vino per amore” …. Così si legge sul loro sito web e niente lo rappresenta meglio.

“Il giorno che decisi di intraprendere questo percorso iniziai a viaggiare tra Loira e Piemonte, Borgogna e Toscana alla ricerca di uno stile personale, del vino che doveva piacere a me” Così si presenta il proprietario dietro ai suoi occhiali che gli donano un’aria intellettuale e i baffetti arricciati che fanno tanta simpatia.

Il tempo non ci permette di partire come avrebbe voluto dalla vigna, ma il racconto della sua scelta di vita non lo fa rimpiangere e tutti rimaniamo attenti ad ascoltare le parole di un ragazzo giovane determinato che ha dato una svolta alla sua vita seguendo le orme del nonno con metodo e sperimentazione.

Avevo sentito due dei suoi vini al FIVI lo scorso novembre e mi ero innamorato di quel Pinot Grigio, tanto tipico in Friuli quanto perlopiù bistrattato e relegato a ruolo di vino sempliciotto, da grandi numeri. Un Pinot grigio diverso il suo, allegro e con un gran carattere.

Circa sei ettari su un “alzo” geologico di soli 90mt nella pianura a ridosso di Udine, nelle Grave Friulane, un sandwich di sabbie, limi sabbiosi, argille, arenarie e marne, rigorosamente in agricoltura biologica dove la biodinamica diventa la cura dell’armonia dell’ambiente. La medicina per la terra. Il nonno aveva certificato la vigna già a partire dagli anni ’80.

Vigne di circa 20 anni. Bassissime rese in generale, 1 quintale per ettaro per lo Schioppettino, alte concentrazioni, vinificazioni separate in inox, cemento e legno per poi fare dei blend, delle cuvée come tanto piace ai Francesi e prendere ogni piccola parte che ciascun metodo di vinificazione aggiunge all’uva.

Metodi dichiaratamente ossidativi perché “non interessano gli aromi primari”.
Bassissima solforosa da usare solo prima dell’imbottigliamento o in caso di necessità per inibire piccoli problemi durante le vinificazioni. Anche questo sembra un po’ un filo conduttore dei piccoli produttori che cercano qualità. Tanto quanto il naturale inerbimento dei terreni anche qui viene praticato in modo sistematico.
Volatili sottili, in parte ricercate come spunto per aggiungere dinamicità al vino.
Qui il concetto di macerazione diventa Infusione secondo i principi orientali del The che Alessandro racconta a da cui prende spunto per “estrarre” cose diverse dall’uva.
Sei giorni per la Ribolla, quanto basta per assumere la materia che questa uva vinificata tradizionalmente non ha.
L’uso in alcuni casi di botti aperte e scolme in puro stile Jura. Tanta continua sperimentazione alla ricerca di esperienze sensoriali.
Un puzzle di usi e costumi del vino del mondo per comporre in ogni piccola sfumatura il vino che piace ad Alessandro. Quasi un’alchimia.
Sul loro sito si legge “Il legame tra uomo e terra è il patto più sincero che ci sia.” e non è solo una massima ma la vera filosofia che trasmette quando afferma che è un obbligo morale consegnare la terra su cui lavoriamo al futuro in condizioni migliori di quelle in cui l’abbiamo ricevuta.
Tutti a sedere in cantina e si parte con la degustazione.

Pinot Grigio 2016
Eccolo qua, fiori e frutta bianca, erbe profumate di campo, concentrato di freschezza e mineralità che spingono un frutto elegantissimo. Si può dire che è buono? si può dire…. Ma come diventerà?

Pinot Grigio 2013
Eccolo ! Si cambia registro, la frutta diventa esotica, il fiore un po più secco, le erbette virano al the e si arricchisce di un elegante e stupefacente nota di idrocarburi da Riesling. Grande complessità ed armonia in un sorso pulito ed evoluto.

Sauvignon 2015
Varietale ma elegante, non spudorato. Vegetale ma di note balsamiche non di pomodoro. Complesso nelle sue sfumature da infusione. Agile, vispo. Un’acidità tagliente a fine bocca che pulisce e ti fa ripartire goloso

Ribolla 2016
Una sorpresa…pepe bianco, the inglese da colazione, legni profumati, albicocche disidratate il tutto perfettamente armonizzata dall’acidità pungente della ribolla che non si è persa in cantina ma brilla nel bicchiere e in bocca.

Risic Blanc 2016

Ecco la volatile di cui si parlava, punge solo un poco all’inizio poi si apre e scompare dal bicchiere. Metodo solera con botti scolme. Un piccolo Jura friulano. Aromi balsamici del campo, profumati e mai scomposti, profumi del sottobosco fresco, delle felci bagnate e ancora tanta freschezza e sapidità che la spinge ancora oltre. La bocca è grassa, quasi burrosa nelle sue sfumature. Un vino da aspettare perché regalerà emozioni.

martedì 5 dicembre 2017

Gita in Friuli : Meroi



“Nella vita quando puoi scegliere sei sempre ricco” <cit. Damiano>

Siamo arrivati nel comune di Buttrio, in Provincia di Udine. A ridosso de Fiume Torre e vicinissimo al fiume Natisone sui colli orientale del Friuli. Fiumi che rispettivamente si trovano ad Est e a Ovest del piccolo comune collinare e generano un microclima ideale per la coltivazione delle uve.

La cantina inizia la propria attività nel 1920, Paolo Meroi prosegue con successo l’attività iniziata dal bisnonno già a fine ‘800, con circa 12 ettari di vigne sulle colline di Buttrio e Rosazzo. La svolta a partire dagli anni ’60. Oggi quegli ettari sono circa 20, destinati a diventare 30 nei prossimi anni. Basse rese che riescono a produrre circa sessantamila bottiglie. Le vigne non sono concimate e i trattamenti come di consueto si limitano a zolfo e rame. Cura maniacale per le maturazioni soprattutto per i vini bianchi che se nel caso perdono qualcosa nella freschezza e ricchezza olfattiva, per contro si arricchiscono di corpo e ampiezza. Vini che in generale colpiranno per ricchezza e complessità.

Non mancano comunque per tradizione Merlot e Cabernet Franc oltre all’autoctono Refosco. Ponca, Guyot singolo e doppio sono simbolo immancabile della tradizione.
L’istrionico Damiano ci accompagna in visita prodigo di spiegazioni e dettaglio, Simpatico ed esplosivo. 

Le macerazioni non fanno parte del DNA e delle tradizioni di questa azienda. Tutto fermenta e affina in legno di cui un 30% è destinato ai vini più importanti. Tutte micro vinificazioni separate per singole vigne e qualità dell’uva.

Tre linee di produzione, dove ancora si fa selezione. Nèstri bianco e rosso di partenza, tutti i mono varietali e per finire cru di singoli vigneti.

Tre le tipologie di terreno che si trovano in vigna e che vengono valorizzate nelle singole vene, argille rosse per la Malvasia, gesso per Chardonnay e Sauvignon e Ponca ovunque, il tessuto connettivo di queste colline.

Scelte importanti, legate alla qualità, dove l’annata 2014, disastrosa per le piogge incessanti non è stata imbottigliata per le linee di prestigio.
Solforosa minima e solo prima dell’imbottigliamento
Tappi selezionati tramite apparecchiature all’avanguardia, dalle migliori aziende e testati in anticipo prima degli imbottigliamenti.

E l’ultima massima in cantina è il manifesto del personaggio e dell’azienda:
“uno deve essere stupido per non fare vino buono in Friuli” <cit.Damiano>

La degustazione proseguirà al ristorante dell’azienda accompagnando gli ottimi piatti della cucina.

Pinot Grigio Meroi 2016
Pochissime bottiglie, intenso e tipico con i suoi fiori di campo, la pera e la mela e un accenno di erba tagliata. Grande cura per l’equilibrio

Friulano Meroi 2016
Fermentazioni naturali in legno senza lieviti aggiunti e senza malolattica. Classicissimo, fiori gialli, pere mature, una leggerissima nota balsamica e finale amarognolo. Oramai gli aromi e la grassezza del Tocai (pardon Friulano) abbiamo imparato a riconoscerli.

Sauvignon Meroi 2016
Sambuco, foglia di pomodoro, ortica e salvia…. volete altro ? fresco e minerale ed elegante. Assolutamente varietale e tipico.

Ribolla Gialla Meroi 2016
Semplice nei suoi aromi tipici un po’ floreali e un po’ citrini ma elegante, gustosa e vivace, piacevole nella sua facilità di beva.

Nestri Meroi (rosso) 2015
Merlot in prevalenza e una piccola parte di cabernet franc, floreale dolce e frutta sotto spirito, spezie dolci e vegetale balsamico. Una polpa fresca e ben amalgamata dei classici sentori dell’uva. Freschezza e mineralità del suolo donano armonia al sorso.

Refosco Vigna Dominin 2010
Finalmente un Refosco e che vino! Scuro nel bicchiere, cupo. Frutta nera matura e uno spettro ampissimo di spezie quando si apre a centro bocca. Complesso. La bocca è grassa, una struttura importante ma sorprendentemente facile da bere e da godere. Davvero un’eccellente realizzazione

lunedì 4 dicembre 2017

Gita in Friuli : Mario Schiopetto

1965 - Mario imbottiglia il primo “Tocai“ e da inizio alla storia del vino bianco friulano moderno.
Un pioniere che come spesso accade è un visionario che prende spunto dall’osteria del padre e dai lunghi viaggi fatti come camionista per vedere, imparare e sviluppare.

Grandi intuizioni, carattere, tenacia e voglia di apprendere lo legheranno negli anni ai grandi dell’enologia moderna, da Veronelli a Gaja, a Incisa della Rocchetta, Ceretto, Antinori, Biondi Santi. La storia del vino di qualità in Italia passa per queste vigne.



Proprio i viaggi segneranno il suo stile, l’eleganza Francese e la tecnologia Tedesca insieme all’uva Friulana segneranno in modo indelebile i vini di questa azienda.
Ci accompagna nella visita l’enologo dell’azienda, gli Scopietto (figli) hanno venduto la proprietà ad un importante gruppo ma lui parla e ci racconta come se fossero ancora loro a guidarla. Come se fosse ancora Mario. Tanta passione e consapevolezza.

Una trentina di ettari per lo più intorno alla casa, cuore centrale della proprietà. Poco meno di duecentomila bottiglie prodotte ogni anno. Una grande rete commerciale dove lui per primo partiva per portare i suoi vini a farsi conoscere nei salotti delle più importanti personalità italiane e mondiali.
Aveva trasformato il vino dell’osteria di famiglia in un vino di alta qualità, un vino elegante, “alla Francese”, fatto in Friuli.

“Il vino ha tutto per vivere, la Natura ha pensato a tutto” è senza dubbio il principio di sostenibilità estrema a cui si è ispirato per tutta la sua vita.

La Renana “Schiopetto”
Tanto attento anche ai dettagli da “inventare” una sua bottiglia, una classica renana che tanto lo affascinava ribassata di un paio di centimetri per permettere di essere maneggiata più agevolmente. Le stesse etichette della linea storica riprendono in maniera inconfondibile lo stile alsaziano. Gialle e con un’impostazione molto simile a quelle dell’Alsaziano Trimbach.

In cantina La Stanza di Mario
Nel cuore della cantina si trova la “Stanza di Mario”, una sala unica in cui si lavora alla riproduzione e moltiplicazione dei lieviti autoctoni per la fermentazione attraverso le tecnologie più avanzate.
All’interno della sala dei lieviti, elemento fondante della filosofia aziendale e del processo produttivo, si procede alla moltiplicazione, per tipologia di vino, dei lieviti autoctoni per far partire per inoculo il processo di fermentazione.


E finalmente i vini

Blanc de Rosis 2015
Un po’ il simbolo dell’azienda, Friulano, Sauvignon, Pinot Bianco, Pinot Grigio. Facile da bere, sottile e invitante riunisce aromi floreali e fruttati freschi ad una buona mineralità

Pinot Bianco 2015
Sapido e coerente tra naso e bocca, spinge forte con freschezza e frutto elegante

Malvasia 2013
Pesche, agrumi e fiori gialli. Gustoso e facile da bere grazie alla consueta mineralità e freschezza.

Friulano 2015
La pietra miliare, il precursore, un vino grasso, ricco, sapido, frutta gialla e finale leggermente ammandorlato. TOCAI

Sauvignon 2015
Tipicamente verde e balsamico. Esattamente come uno si aspetta un Sauvignon friulano.

Rivarossa 2015
Un Cru destinato a uve rosse. Morbido e ammaliante, fresco e profumato di frutta rossa, complesso fino al tabacco biondo e liquirizia. Ottimo Merlot elegantemente Friulano con un ricamo di Cabernet Sauvignon.



domenica 3 dicembre 2017

Gita in Friuli : La Castellada

Siamo a Oslavia nel Collio Goriziano, a pochissimi chilometri dal confine della Slovenia, terra dove si intrecciano tre culture, quella Austriaca, quella Slovena e quella Italiana. Terra che è passata da essere il sud in un popolo, quello austriaco dove si producevano vini rossi, a essere il nord di un altro popolo, quello italiano, dove si producono vini bianchi. Punti di vista diversi della stessa realtà. Terra di vini macerati che oggi stanno vivendo un momento di estremo interesse e attenzione degli appassionati. Vini che animano facilmente diatribe. Vini che… o li ami o li odi, senza troppe mezze misure. 

Ci aspetta Stefano Bensa, nipote di Giuseppe che al ritorno nelle sue zone di origine, dopo aver lavorato in Svizzera, decide di acquistare casa, terreni, e avviare un’attività come osteria. Proprio tramite quell'osteria inizieranno a vendere i vini che producono nei terreni adiacenti.

Ancora una volta culture biologiche, rame e zolfo per contrastare la peronospora e l’oidio. La vigna è completamente inerbita anche qui per creare un equilibrio con le ricchezze dei terreni, per contenere possibili smottamenti a causa delle frequenti piogge consuete da queste parti. Le viti sono più basse rispetto a quello che avevamo visto prima, più “francesi” come realizzazione. Quasi sempre vendemmie anticipate rispetto alle altre zone friulane

Bassissime densità di impianto, 3000 piante per ettaro, e classico doppio guyot per l’allevamento. Ribolla gialla, Friulano (qua tutti lo chiamano ancora Tocai!), Malvasia Istriana, Pinot Grigio e Merlot. Non si può sbagliare!

In cantina tecniche tradizionali ma da vino rosso a dispetto del colore dell’uva. La ricerca della stabilità nel tempo e di alta qualità ha portato a convertire il modo di vinificare in questa direzione. Macerazioni in tini troncoconici per periodi più o meno lunghi a seconda del tipo di uva. Affinamento per due anni in legno, in vecchie botti grandi, barriques o tonneaux. Uso della solforosa ridotto ai minimi termini, travasi solo se necessario, nessun controllo automatico della temperatura. Tutto in modo molto “naturale. Nessuna filtrazione, solo decantazioni naturali e via in bottiglia per un anno prima di essere venduti. Minimo intervento umano e alta qualità.

Il vitigno più Friulano è la Ribolla gialla e sarà proprio da questa che inizieremo la nostra degustazione.

La Ribolla è un vitigno che tradizionalmente da una bassissima struttura ma ha una buona carica aromatica e una grandissima freschezza. Partiamo da assaggi di botte per comprendere l’evoluzione di questi vini. Non esistono tempi certi ma è la natura che li detta: le macerazioni vanno avanti fintanto che tutti gli zuccheri non si sono trasformati e la malolattica è svolta. Possono essere di un paio di settimane o di qualche mese, non importa. La natura li regola e da lì parte l’affinamento.
Tutti i vini in degustazione sono 2011 salvo la riserva VRH che è un 2007 così come il Rosso della Castellada. Ma andiamo in ordine

Ribolla gialla, fieno e fiori secchi, mimose appassite, frutta secca e disidratata, albicocche, tannini ben percettibili, grandissima freschezza, corpo e struttura. Entra diretto, si apre avvolgendo piacevolmente la bocca e si distende nel finale. Personalmente non amo tropo i macerati ma questo ha una freschezza così spiccata che si lascia perdonare ogni pesantezza evolutiva.

Chardonnay, cambiano gli aromi e si vira al burro bruno, allo yogurt, alle noci e alle spezie dolci. Più impegnativo della ribolla ma di buona soddisfazione e grande complessità. Anche in questo caso la freschezza e la sapidità accompagna bene il sorso fino a fine bocca lasciando che a proseguire sia la persistenza.

Pinot Grigio, si perde un po’ di note aromatiche dell’uva per andare verso aromi complessi dell’evoluzione ma la malolattica su queste uve da questo effetto. Rimane un mix di legni e spezie, di frutta secca e stramatura con una lunghissima persistenza. Difficilmente sarebbe riconoscibile nella sua varietalità ma per gli amanti dei gusti decisi può essere un paradiso.

Friulano, grasso e di struttura rispetto ai primi sentiti. E ancora fiori secchi, agrumi canditi e un alto mineralità quasi pirica. Sicuramente molto espressivo, sicuramente molto macerato.
Sauvignon, perde completamente il varietale di queste parti, quello verde, quello che si ama o si odia, pur mantenendo note esotiche molto mature, una buona acidità e l’agrumato candito tipico di queste pratiche di cantina.

VRH, tre quarti di chardonnay e uno di sauvignon, aumenta l’intensità cromatica fino a raggiungere veramente il colore “orange” che identifica questi vini per gli anglosassoni. Spezie dolci, frutta candita, miele. L’intero spettro dei terziari evolutivi. Ancora una volta sapidità e freschezza dominano e sorreggono il sorso riuscendo ad equilibrare la grande struttura.


E infine il Rosso della Castellada, prevalentemente Merlot arricchito da Cabernet Sauvignon. Una grande armonia di frutti di bosco, note balsamiche, liquirizia, caffè tostato, tabacco da sigaro. Un vino complesso, morbido, rotondo, che riempie bocca e sensi. Sicuramente un grande rosso, facile da capire, ottimo per gli amanti del merlot.

i vini del Sud Africa