Ed eccoci arrivati alla seconda parte del percorso avviato
tra vitigni e terreni vulcanici. Relatore Livio Del Chiaro, ampia platea come
oramai di consueto e tre efficienti sommelier a prestare un celere servizio per
permettere a tutti di degustare i vini a giusta temperatura di servizio.
Si parte con un breve ripasso di quella che sono le zone
vulcaniche dove si coltiva la vite in Italia e dell’influenza che possono avere
questi terreni sull’agricoltura e di conseguenza anche sui suoi derivati, come
appunto il vino.
Freschezza, mineralità e sapidità accompagneranno questo
percorso fino alla fine, compreso vinificazioni particolari come l’appassimento
o le lunghe macerazioni in anfora.
Partiremo dalla zona del Soave con i suoi terreni con marne
calcaree e scheletri basaltici, scendendo verso la zona dei laghi vulcanici
laziali, a Gradoli per la precisione. Poi in Irpinia col suo tufo grigio, e
ancora verso Napoli e i suoi lapilli per arrivare finalmente in Sicilia, sull’
Etna i cui terreni abbondano di lava e di sabbie ricche di microparticelle di
metalli e Sali. Termineremo il nostro viaggio sull’isola di Salina con i suoi
vulcani gemelli e la sua meravigliosa Malvasia che si è meritata una IGT tutta
sua.
Il vino misterioso è una sorpresa e lo scopriremo alla fine
del percorso.
Inizia la
degustazione
Vediamo insieme aziende e vini in ordine di apparizione
Filippi – Soave Colli
Scaligeri “Castelcerino” 2014
Azienda biologica che coltiva su terreni Con marne calcaree
e basalti. Garganega 100% affinata 18 mesi “sur lie”. Spicca al primo sorso la
grande mineralità che si apre in un paniere di fiori gialli dove fanno bella
mostra di se la ginestra e la camomilla. Aumenta l’intensità che porta con se
il frutto grasso, la polpa di pera e mela. Freschezza viva e mineralità a non
finire. Sapido o meglio salato in buon equilibrio con la grassezza del corpo e
di grande beva. Il mio preferito.
Andrea Occhipinti – Lazio
IGT – Alter Alea 2015
Azienda biodinamica su terreni ricchi di lapilli vulcanici.
Aleatico di Gradoli (ma è un uva rossa !) vinificato in bianco. Un blanc de
noir vulcanico. Dorato, minerale, sulfureo intenso. Con un po’ di maestria
lasciamo che il naso si saturi delle note minerali e scopriamo la sua anima.
Fragoline e lamponi, la rosa delicata quasi da Traminer aromatico elegante.
Buona struttura, grande freschezza e sapidità. Nel finale si accentua una nota
vegetale verde appena tagliato e di erbette aromatiche. La mineralità della
pietra focaia è veramente importante e ne condiziona un poco la beva.
Cantine di Marzo –
Greco di Tufo 2014
Qualche bottiglia difficile che riusciamo ad eludere. Terreno
ricco di scheletro vulcanico, di sabbie e lapilli. Floreale sottile di mughetto
e gelsomino, un esplosione di frutta secca, di mandorle, di gherigli di noce
ben integrate nella polpa di pera e di frutta esotica. Grande morbidezza donata
dalla malolattica che cerca di stemperare il carattere tagliente del vulcano.
Ancora una volta una sapidità prorompente. Nel finale, scaldandosi, si accentueranno
note polverose da vecchia cassapanca in soffitta.
Casa Setaro – Lacryma
Christi del vesuvio – Munazei 2014
Terreni ricchi di sali minerali e di potassio, sabbie nere
sature di lapilli. 100% Caprettone, uva autoctona su cui si è a lungo discusso
identificandola come ceppo clone della Coda di Colpe bianca, ma gli ultimi
studi hanno escluso questa ipotesi. Frutto ampio di ananas, pompelmo, papaya e
mango, fresco vivo e salato, iodato, intenso di salsedine. Un sorso di mare
profumato con un finale persistente e amarognolo, con una punta vegetale di the
verde.
Benati – Etna bianco
di Caselle 2013
Vigne tra 900 e 1000 mt/slm. Terreni sabbiosi vulcanici.
Carricante 100% coltivato ad alberello. Mele ed agrumi, zagare e pompelmo,
pesca bianca, ananas,… potrei continuare all’infinito. Una cornucopia di frutta
perfettamente identificabile, scolpita e ben definita. Gli aromi del pepolino
accompagnano in bocca freschezza e sapidità. Grande armonia e finezza. Ottimo
come lo sono i buoni bianchi dell’Etna.
Barone di Villagrande
– Salina IGT – Passito 2011
Terreni lavici sciolti, perfettamente drenanti. Malvasia delle
Lipari 95% - Corinto Nero 5% . Appassitura
al sole e al vento dell’isola su graticci. Color ambra chiaro, brillante come
una pietra preziosa. Ginestra e erbe aromatiche, Albicocche secche, fichi
secchi, datteri, miele. Profumato ma mai eccessivo, fine ed elegante. Figlio
del vento e del sale che porta con se in equilibrio con la nota dolce dell’appassitura.
Finale intensamente ferroso.
Cala un ombra
misteriosa sulla platea….
Ed ecco la sorpresa, bottiglie avvolte nella stagnola, si
intravede la forma della classica borgognona. Nel bicchiere il vino è paglierino
chiaro, quasi una limonata, torbido, evidentemente non filtrato. Al naso, a
dispetto del colore si apre con note tipiche da lunga macerazione. Ma qualcosa
non torna tra naso e occhi. Gli odori sono quelli dei lieviti, delle pesche e
della frutta secca. Per chi ha un po’ di esperienza si capisce bene la lunga
macerazione e dato il colore si può azzardare l’usa delle anfore. Ma il gusto è
irriconoscibile. La prima cosa che mi viene in mente è una Malvasia Istriana, da
molti vinificata in anfore, ma i terreni sono carsici e non vulcanici. Solo un
lampo di genio riconducibile al tema della serata mi fa tornare alla mente un
vino che ho già bevuto.
I Cacciagalli –
Zagreo 2014
Fiano vinificato e affinato in anfore di terracotta. Del Fiano
ha poco ma la beva è piacevole, soprattutto se amate i biodinamici con lunghe
macerazioni. Un vino quasi da meditazione tanto è alta la variabilità degli
aromi all’alzarsi della temperatura.
La serata è finita, divertente, intrigante, ben condotta in
una trama di territori, vitigni e sorprese. Un modo sorprendente e divertente
di scoprire l’enografia di zone figlie di un dio minore, Vulcano.