
Ci
aspetta Stefano Bensa, nipote di Giuseppe che al ritorno nelle sue zone di
origine, dopo aver lavorato in Svizzera, decide di acquistare casa, terreni, e
avviare un’attività come osteria. Proprio tramite quell'osteria inizieranno a
vendere i vini che producono nei terreni adiacenti.
Ancora una volta culture biologiche, rame e zolfo per
contrastare la peronospora e l’oidio. La vigna è completamente inerbita anche
qui per creare un equilibrio con le ricchezze dei terreni, per contenere possibili
smottamenti a causa delle frequenti piogge consuete da queste parti. Le viti
sono più basse rispetto a quello che avevamo visto prima, più “francesi” come
realizzazione. Quasi sempre vendemmie anticipate rispetto alle altre zone
friulane
Bassissime densità di impianto, 3000 piante per ettaro, e
classico doppio guyot per l’allevamento. Ribolla gialla, Friulano (qua tutti lo
chiamano ancora Tocai!), Malvasia Istriana, Pinot Grigio e Merlot. Non si può
sbagliare!
In cantina tecniche tradizionali ma da vino rosso a dispetto
del colore dell’uva. La ricerca della stabilità nel tempo e di alta qualità ha
portato a convertire il modo di vinificare in questa direzione. Macerazioni in tini
troncoconici per periodi più o meno lunghi a seconda del tipo di uva. Affinamento
per due anni in legno, in vecchie botti grandi, barriques o tonneaux. Uso della
solforosa ridotto ai minimi termini, travasi solo se necessario, nessun
controllo automatico della temperatura. Tutto in modo molto “naturale. Nessuna filtrazione,
solo decantazioni naturali e via in bottiglia per un anno prima di essere
venduti. Minimo intervento umano e alta qualità.
Il vitigno più Friulano è la Ribolla gialla e sarà proprio
da questa che inizieremo la nostra degustazione.
La Ribolla è un vitigno che tradizionalmente da una
bassissima struttura ma ha una buona carica aromatica e una grandissima
freschezza. Partiamo da assaggi di botte per comprendere l’evoluzione di questi
vini. Non esistono tempi certi ma è la natura che li detta: le macerazioni
vanno avanti fintanto che tutti gli zuccheri non si sono trasformati e la
malolattica è svolta. Possono essere di un paio di settimane o di qualche mese,
non importa. La natura li regola e da lì parte l’affinamento.
Tutti i vini in degustazione sono 2011 salvo la riserva VRH
che è un 2007 così come il Rosso della Castellada. Ma andiamo in ordine
Ribolla gialla,
fieno e fiori secchi, mimose appassite, frutta secca e disidratata, albicocche,
tannini ben percettibili, grandissima freschezza, corpo e struttura. Entra
diretto, si apre avvolgendo piacevolmente la bocca e si distende nel finale.
Personalmente non amo tropo i macerati ma questo ha una freschezza così
spiccata che si lascia perdonare ogni pesantezza evolutiva.
Chardonnay,
cambiano gli aromi e si vira al burro bruno, allo yogurt, alle noci e alle
spezie dolci. Più impegnativo della ribolla ma di buona soddisfazione e grande
complessità. Anche in questo caso la freschezza e la sapidità accompagna bene
il sorso fino a fine bocca lasciando che a proseguire sia la persistenza.
Pinot Grigio, si
perde un po’ di note aromatiche dell’uva per andare verso aromi complessi
dell’evoluzione ma la malolattica su queste uve da questo effetto. Rimane un
mix di legni e spezie, di frutta secca e stramatura con una lunghissima
persistenza. Difficilmente sarebbe riconoscibile nella sua varietalità ma per
gli amanti dei gusti decisi può essere un paradiso.
Friulano, grasso
e di struttura rispetto ai primi sentiti. E ancora fiori secchi, agrumi canditi
e un alto mineralità quasi pirica. Sicuramente molto espressivo, sicuramente
molto macerato.
Sauvignon, perde
completamente il varietale di queste parti, quello verde, quello che si ama o
si odia, pur mantenendo note esotiche molto mature, una buona acidità e
l’agrumato candito tipico di queste pratiche di cantina.
VRH, tre quarti
di chardonnay e uno di sauvignon, aumenta l’intensità cromatica fino a
raggiungere veramente il colore “orange” che identifica questi vini per gli
anglosassoni. Spezie dolci, frutta candita, miele. L’intero spettro dei
terziari evolutivi. Ancora una volta sapidità e freschezza dominano e
sorreggono il sorso riuscendo ad equilibrare la grande struttura.
E infine il Rosso
della Castellada, prevalentemente Merlot arricchito da Cabernet Sauvignon.
Una grande armonia di frutti di bosco, note balsamiche, liquirizia, caffè
tostato, tabacco da sigaro. Un vino complesso, morbido, rotondo, che riempie
bocca e sensi. Sicuramente un grande rosso, facile da capire, ottimo per gli
amanti del merlot.
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