sabato 30 aprile 2016

I vini del vulcano (i bianchi)


Ed eccoci arrivati alla seconda parte del percorso avviato tra vitigni e terreni vulcanici. Relatore Livio Del Chiaro, ampia platea come oramai di consueto e tre efficienti sommelier a prestare un celere servizio per permettere a tutti di degustare i vini a giusta temperatura di servizio.
Si parte con un breve ripasso di quella che sono le zone vulcaniche dove si coltiva la vite in Italia e dell’influenza che possono avere questi terreni sull’agricoltura e di conseguenza anche sui suoi derivati, come appunto il vino.
Freschezza, mineralità e sapidità accompagneranno questo percorso fino alla fine, compreso vinificazioni particolari come l’appassimento o le lunghe macerazioni in anfora.
Partiremo dalla zona del Soave con i suoi terreni con marne calcaree e scheletri basaltici, scendendo verso la zona dei laghi vulcanici laziali, a Gradoli per la precisione. Poi in Irpinia col suo tufo grigio, e ancora verso Napoli e i suoi lapilli per arrivare finalmente in Sicilia, sull’ Etna i cui terreni abbondano di lava e di sabbie ricche di microparticelle di metalli e Sali. Termineremo il nostro viaggio sull’isola di Salina con i suoi vulcani gemelli e la sua meravigliosa Malvasia che si è meritata una IGT tutta sua.
Il vino misterioso è una sorpresa e lo scopriremo alla fine del percorso.

Inizia la degustazione

Vediamo insieme aziende e vini in ordine di apparizione




Filippi – Soave Colli Scaligeri “Castelcerino” 2014

Azienda biologica che coltiva su terreni Con marne calcaree e basalti. Garganega 100% affinata 18 mesi “sur lie”. Spicca al primo sorso la grande mineralità che si apre in un paniere di fiori gialli dove fanno bella mostra di se la ginestra e la camomilla. Aumenta l’intensità che porta con se il frutto grasso, la polpa di pera e mela. Freschezza viva e mineralità a non finire. Sapido o meglio salato in buon equilibrio con la grassezza del corpo e di grande beva. Il mio preferito.



Andrea Occhipinti – Lazio IGT – Alter Alea 2015

Azienda biodinamica su terreni ricchi di lapilli vulcanici. Aleatico di Gradoli (ma è un uva rossa !) vinificato in bianco. Un blanc de noir vulcanico. Dorato, minerale, sulfureo intenso. Con un po’ di maestria lasciamo che il naso si saturi delle note minerali e scopriamo la sua anima. Fragoline e lamponi, la rosa delicata quasi da Traminer aromatico elegante. Buona struttura, grande freschezza e sapidità. Nel finale si accentua una nota vegetale verde appena tagliato e di erbette aromatiche. La mineralità della pietra focaia è veramente importante e ne condiziona un poco la beva.





Cantine di Marzo – Greco di Tufo 2014

Qualche bottiglia difficile che riusciamo ad eludere. Terreno ricco di scheletro vulcanico, di sabbie e lapilli. Floreale sottile di mughetto e gelsomino, un esplosione di frutta secca, di mandorle, di gherigli di noce ben integrate nella polpa di pera e di frutta esotica. Grande morbidezza donata dalla malolattica che cerca di stemperare il carattere tagliente del vulcano. Ancora una volta una sapidità prorompente. Nel finale, scaldandosi, si accentueranno note polverose da vecchia cassapanca in soffitta.



Casa Setaro – Lacryma Christi del vesuvio – Munazei 2014

Terreni ricchi di sali minerali e di potassio, sabbie nere sature di lapilli. 100% Caprettone, uva autoctona su cui si è a lungo discusso identificandola come ceppo clone della Coda di Colpe bianca, ma gli ultimi studi hanno escluso questa ipotesi. Frutto ampio di ananas, pompelmo, papaya e mango, fresco vivo e salato, iodato, intenso di salsedine. Un sorso di mare profumato con un finale persistente e amarognolo, con una punta vegetale di the verde.



Benati – Etna bianco di Caselle 2013

Vigne tra 900 e 1000 mt/slm. Terreni sabbiosi vulcanici. Carricante 100% coltivato ad alberello. Mele ed agrumi, zagare e pompelmo, pesca bianca, ananas,… potrei continuare all’infinito. Una cornucopia di frutta perfettamente identificabile, scolpita e ben definita. Gli aromi del pepolino accompagnano in bocca freschezza e sapidità. Grande armonia e finezza. Ottimo come lo sono i buoni bianchi dell’Etna.



Barone di Villagrande – Salina IGT – Passito 2011

Terreni lavici sciolti, perfettamente drenanti. Malvasia delle Lipari 95% - Corinto Nero 5% .  Appassitura al sole e al vento dell’isola su graticci. Color ambra chiaro, brillante come una pietra preziosa. Ginestra e erbe aromatiche, Albicocche secche, fichi secchi, datteri, miele. Profumato ma mai eccessivo, fine ed elegante. Figlio del vento e del sale che porta con se in equilibrio con la nota dolce dell’appassitura. Finale intensamente ferroso.

Cala un ombra misteriosa sulla platea….

Ed ecco la sorpresa, bottiglie avvolte nella stagnola, si intravede la forma della classica borgognona. Nel bicchiere il vino è paglierino chiaro, quasi una limonata, torbido, evidentemente non filtrato. Al naso, a dispetto del colore si apre con note tipiche da lunga macerazione. Ma qualcosa non torna tra naso e occhi. Gli odori sono quelli dei lieviti, delle pesche e della frutta secca. Per chi ha un po’ di esperienza si capisce bene la lunga macerazione e dato il colore si può azzardare l’usa delle anfore. Ma il gusto è irriconoscibile. La prima cosa che mi viene in mente è una Malvasia Istriana, da molti vinificata in anfore, ma i terreni sono carsici e non vulcanici. Solo un lampo di genio riconducibile al tema della serata mi fa tornare alla mente un vino che ho già bevuto.




I Cacciagalli – Zagreo 2014

Fiano vinificato e affinato in anfore di terracotta. Del Fiano ha poco ma la beva è piacevole, soprattutto se amate i biodinamici con lunghe macerazioni. Un vino quasi da meditazione tanto è alta la variabilità degli aromi all’alzarsi della temperatura.



La serata è finita, divertente, intrigante, ben condotta in una trama di territori, vitigni e sorprese. Un modo sorprendente e divertente di scoprire l’enografia di zone figlie di un dio minore, Vulcano.

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